Ah la bellezza non ha cause, e basta.
Se la insegui, finisce.
Lasciala stare, e resta.
Potresti forse cogliere le strisce
che la mano invisibile del vento
scrive nell’erba e poi le ricancella?
Una divinità te lo impedisce.
Emily Dickinson
La ricerca della verità è sempre al centro dello spirito di un poeta
Parlare di bellezza è complesso.
Ho letto di recente un libro di Alan Moore, in cui parla della bellezza come chiave di tutto quello che facciamo. Io, d’accordo con questa idea, cerco nella mia vita artistica, nel pianoforte, nella stesura dei programmi del festival o del design del libretto, di seguire un’ideale di bellezza. Utopica, probabilmente, sicuramente personale e soggettiva. Vicina, ma irraggiungibile.
Mi fa sorridere quando si parla di bellezza oggettiva. Attribuire a un’entità l’aggettivo “oggettivo” è un controsenso naturale. Come ci suggerisce Nietzsche, non esistono fatti ma solo interpretazioni.
Dunque inseguire la bellezza, come canta Emily Dickinson nella poesia che avete letto poco fa, può risultare pericoloso.Nella nostra pratica artistica il lasciare che si manifesti da sola e basta sembra essere la strada migliore. In questo senso per me è stato illuminante leggere “lo Zen e il tiro con l’arco” di Eugen Herrigel, filosofo tedesco che nel corso della sua vita si trasferì in Giappone e imparò appunto l’arte del tiro con l’arco.
Arte, rito, una vera e propria lotta con il proprio essere, il proprio respiro, i propri minimi movimenti.
Ci sono moltissime similitudini con la performance musicale. La freccia deve lasciare l’arco nel modo più naturale possibile e il colpo deve quasi avvenire da solo, senza una volontà apparente da parte del tiratore, un po’ come nel momento in cui suoniamo. Risulta tremendamente più facile la perfomance in assenza di pensiero, di abbandono totale. Ovviamente è molto difficile fare questo, soprattutto per i più passionari, i più sensibili e intelligenti.
Le pratiche Zen e il rito del tiro con l’arco mi fanno riflettere soprattutto sui meccanismi inconsci che intervengono nel momento dell’esecuzione musicale e quindi della restituzione della bellezza intrinseca ai grandi capolavori che eseguiamo.Forse la bellezza non va davvero inseguita?
Ritorno sui miei passi, parlando del libro di Moore.
Lui parla soprattutto di bellezza legata al design e uno dei piccoli capitoli che compongono il libro è intitolato “la ricerca della verità è sempre al centro dello spirito di un poeta”. Per me alla fine si riduce tutto un po’ a questo. Quando una persona non ricerca la verità, la propria personale verità, con convinzione e forza è molto difficile che arrivi a raggiungere la bellezza.
Il poter esprimere qualcosa che gli altri non possono vedere e renderlo comprensibile al pubblico, agli ascoltatori, ai lettori, agli amanti dell’arte è una delle prerogative essenziali nel percorso della vita, che per me coincide con l’arte. Sarebbe semplice cercare la verità essendo onesti.Un miraggio?
Una fantasia?
Un sogno, forse?
Breve frammento contenuto nel programma del festival Classiche Armonie 2024